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Kapipal, la piattaforma di crowdfunding italiana creata nel 2009 da Alberto Falossi (docente all’Università di Pisa e consulente per l’utilizzo del Web 2.0 e dei social media in ambito aziendale) presenta nel sito un Manifesto dedicato al Crowdfunding che ne riassume perfettamente i principi:

Fiducia, amici veri e diffusione dell’idea. Figata. Non smetterò mai di sostenere che fiducia e onestà non sono solo alla base del crowfunding, ma di tutte le attività sociali via Internet.

Kapipal può accogliere proposte di finanziamento di qualsiasi tipo di progetto – ovviamente deve essere legale – e si è specializzato nel tempo in progetti personali, dalla lista nozze alla raccolta di fondi per un’operazione medica.

E’ proprio l’aspetto personale ha messo in evidenza Kapipal tra le piattaforme di Crowfunding. La sua funzione si esprime soprattutto in un network locale, dove si conoscono le persone e ci si fida di più, come da punto 4 del Manifesto e base dei fondamenti di Crowdfunding.

Come si evince dal naming, i fondi vengono raccolti tramite PayPal e anche questa, è una buona idea.

Se volete approfondire, del Crowfunding ne ho parlato anche qui.

Il Crowdfunding è descritto come un processo di cooperazione collettiva da parte di un gruppo di persone che finanziano con il proprio denaro gli sforzi, i bisogni, le idee di persone e organizzazioni.
Ovviamente per ottenere i finanziamenti, oltre ad avere una buona – o nobile idea; bisogna suscitare attenzione per il progetto e fare in modo che gli altri abbiano fiducia di noi. Se no chi ci finanzia?

Spesso il Crowdfunding è stato di supporto all’arte – soprattutto cinema e musica indipendente – e alle tragedie umanitarie. Ma ha anche finanziato start-up innovative, campagne politiche, progetti di ricerca, creazione di software, nuovi giornali e addirittura piattaforme di Crowdfunding, come l’italiana Eppela, appena nata.

Ma facciamo un passo indietro. I primi ad utilizzare il Crowfunding come supporto a progetti artistici sono stati i fans americani della band Marillion (una delle mie band mitiche, anche loro sempre vicini a nuove tecnologie e nuovi linguaggi), che nel 1997 hanno finanziato un intero tour raccogliendo 60.000$ via Internet. Il sistema ha funzionato così bene che con questo metodo la band inglese ha iniziato a produrre tutti i suoi album, chiedendo semplicemente alla band di comprarlo in anticipo. Così sono stati prodotti Anoraknophobia, Marbles e Happiness Is the Road, per quest’ultimo album, “nel mese di luglio 2008 una versione del debut single Whatever Is Wrong with You venne offerta in download gratuito dai Marillion e fu oggetto di un’originale trovata promozionale: i fans avrebbero potuto vincere 5000 sterline realizzando uno o più video ispirati al brano e caricandoli su YouTube. Il premio sarebbe stato attribuito al video più visto dagli utenti”. Wikipedia parla di trovata promozionale, i Marillion, voglio sperare, pensavano al coinvolgimento dei propri fan per la realizzazione del video che sarebbe diventato poi “ufficiale” grazie al loro endorsement. E una giusta ricompensa.
Nel 2004 è stato per la prima volta utilizzato nel cinema, raccogliendo sempre via Internet i fondi per la realizzazione del film francese Demain la Veille (Waiting for Yesterday) e del documentario americano The Age of Stupid.

Visto che Internet era il luogo ideale per la realizzazione di raccolte di fondi, incominciarono a nascere piattaforme online a questo scopo. E qui la storia diventa recente.
Attualmente di queste piattaforme ne esistono diverse, con caratteristiche e modalità differenti. Le più note sono la canadese Ulule, Kickstart, le italiane Kapipal e Eppela, ma anche Fundable e Chipin (tutte queste offrono i propri servizi in cambio di una percentuale), Prosper (che si basa sul principio del microlending) Kiva e Firstgiving (che si occupano del microfinanziamento di progetti nei paesi in via di sviluppo). Dall’Italia arriva anche YouCapital che finanzia progetti di ricerca di giornalisti e blogger. Causes invece è legata al mondo di Facebook ed ha realizzato oltre 300mila progetti soprattutto nel sociale.

Tutte le piattaforme si basano su semplici principi: spiegare il progetto alle persone (e qui intervengono i social network e le iniziative personali per promuovere i progetto), decidere quanto serve per finanziare il progetto motivandolo, e decidere una data oltre la quale la raccolta fondi deve considerarsi conclusa. E non cancellare mai il contenuto della richiesta di finanziamento.

Quello che mi piace del Crowdfunding è il reward riconosciuto alla community – a meno che non si tratti di charity – perchè c’è sempre qualcosa di speciale in cambio. Le band offrono brani in anteprima o edizioni speciali del disco, i filmaker la prima, gli sviluppatori di game o applicazioni per il mobile offrono oltre l’anteprima dei loro prodotti, addirittura apparizioni speciali dei donatori nei propri prodotti. E così via, ma ne riparleremo.

La rete è dare e avere, il crowsourcing rende questo visibile e palpabile. Quindi, se abbiamo un idea per la testa ma non abbiamo i fondi per realizzarla, perchè non chiedere l’aiuto degli altri?

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Ideato nel 2009 dopo un paio di esperimenti altrettanto affascinanti (In Bb e Marker Music)  da Darren Solomon per Science of Girls, Bb 2.0 è un progetto di musica/parole sviluppato grazie al contributo degli utenti.

Darren ha chiesto a chi voleva partecipare al progetto, di pubblicare suYouTube dei video con delle semplici regole: cantare o suonare rigorosamente in Si bemolle maggiore, aspettare 10 secondi prima di iniziare, realizzare 1-2 minuti di video con semplici tessiture musicali, senza tempo e groove.

Nel sito Inbflat, 20 video realizzati dagli utenti, possono essere ascoltati in simultanea con risultati magici, inaspettati e ogni volta diversi. Le istruzioni sono semplicissime: play these together, some or all, start them at any time, in any order. Vale davvero la pena provare a suonare il proprio video.

Buon divertimento.

Nel gennaio del 2010, dopo l’esperimento del videoclip di Eden (ne parlo qui), i Subsonica nel loro gruppo Facebook scrivono un post ai fans:

“ed3n2: lo facciamo un esperimento? prendete il vostro pezzo preferito. Ballatevelo davanti alla vostra telecamerina o webcam o qualunque cosa che riprenda. Caricatelo su un account youtube con la tag ed3n2. poi capirete perchè……”.

Era il lancio ai propri fans di Ed3n2, la piattaforma su cui chiunque può caricare il proprio video “danzante” per creare una versione completamente interattiva e “democratica” del clip di Eden.

L’utente registra un video mentre balla il proprio pezzo preferito, lo carica su YouTube ed inserisce il tag ed3n2.

L’applicazione (nata da un’idea di Alessio Granata, progettata e sviluppata da DeeMo e Tomaso Neri) riconosce i video con il tag e crea un video user-generated.
Al termine della visualizzazione ogni utente può introdurre il link di Youtube del proprio contributo in modo che sia incluso; di ogni particolare versione ottenuta si può avere un url specifico da pubblicare e condividere.

Perfetto. Spesso le grandi idee nascono da cose semplici come è in questo caso, dove un semplice tag nasconde in realtà, un potere enorme.


Nel dicembre 2010 a pochi giorni dall’annuncio della partenza del tour, i Subsonica hanno deciso di regalare ai fans un’anticipazione del nuovo lavoro: il videoclip di Eden. Il video è ispirato al work in progress “Don’t stop the dance” dell’artista e fotografo Luca Saini, una video installazione che ha come soggetto centinaia di persone chiamate a ballare il proprio brano preferito davanti ad una telecamera, i Subsonica hanno deciso di mettere a disposizione “Eden” per realizzare un clip dell’opera. Le immagini degli spontanei “ballerini” sono state quindi sincronizzate sulla musica della band.

Luca Saini, nel suo sito, spiega il progetto e la sua filosofia:

“Questo video clip/opera d’arte si è ulteriormente arricchito anche grazie alla partecipazione danzante della band, e al coinvolgimento – mediante il Facebook del gruppo – di una parte dell’affezionatissimo pubblico dei Subsonica, accorso in massa allo storico locale torinese Spazio 211, luogo delle riprese. Persone qualsiasi, performer, ballerini di strada, fan della band e i musicisti stessi di fronte all’obiettivo, liberi e spontanei compongono la sostanza prima di questo emozionante videoclip.

Nasce proprio da questo presupposto il videoclip Eden dei Subsonica dall’idea di condivisione, partecipazione, mettersi in gioco – una poetica ed una metodologia che applico ormai da anni nei miei lavori artistici. Il clip presenta una vibrante danza che ha il ritmo della gioia, della paura, ma anche la tenerezza, l’ego o la timidezza che scopriamo via via nei volti delle persone che vi hanno preso parte. Un condensato di vita in eterno mutamento, esattamente come nella nostra affannata ricerca di un eden interiore che viene con profonda poesia presentata molto bene dai Subsonica nel singolo.

Ottimo.