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Pibal_bicicletta_monopattino_bordeaux_Design_Starck-via-Partecipactive

Come l’anguilla, ondeggiando e burlandosi della corrente Pibal risponde ad una nuova ergonomia urbana per una transazione laterale che permette di pedalare su un lungo percorso, di pattinare su una strada pedonale e di camminarle di fianco e trasportare un bambino o un carico sulla piattaforma.

Non ha che la bellezza della sua intelligenza, della sua onestà, della sua durabilità. Semplice e affidabile, è il nuovo amico al servizio delle aspettative future di Bordeaux”

Philippe Stack

Che aggiungere alla parole di Philippe Starck riguardo alla nuova Pibal City Streamer? Il rationale a me pare perfetto!

Forse che il progetto dell’innovativa bicicletta/monopattino che andrà a costituire la nuova flotta del bike sharing di Bordeaux, è  stata progettata grazie ai consigli e ai suggerimenti degli stessi cittadini.
Persone che conoscono perfettamente esigenze e desideri della quarta area metropolitana più popolata di Francia, ma anche una delle capitali della bicicletta visto che il 10% degli spostamenti avviene in bici.

Tutto è iniziato alla prima edizione del Cyclab nel 2010, dove il sindaco Alian Juppé ha lanciato un appello per realizzare una nuova bicicletta adatta alle esigenze della città. Appello colto da Philippe Stark nel 2012, ma anche da oltre 300 internautes che attraverso il sito Je participe hanno contribuito a realizzare l’idea presentata dal noto designer d’oltralpe alla seconda edizione della manifestazione.

je-participe---bordeaux---via-partecipactivePibal_Starck_ presentazione progetto_ 2012_ Stark

Je participe è la piattaforma di consultazione del Comune di Bordeaux che permette ai cittadini di andare oltre alle consultazioni live del condominio e che permette di esprimere la propria opinione per questioni che hanno a che fare con l’intera comunità.

Un meccanismo che non dovrebbe essere solo un esempio esotico, ma qualcosa da citare ogni volta che si afferma che questo è possibile – e in questo modo – grazie a Internet e alla volontà delle amministrazioni pubbliche.
Inutile chiedersi quanti comuni italiani hanno creato qualcosa di simile anche se in molti immagino, hanno ben presente cosa significa la democrazia diretta.

Quello che è successo dopo la sfida raccolta da Stark e al contributo dei cittadini lo avete appena visto nel video pubblicato qui sopra: il prototipo è stato presentato alcuni mesi fa (febbraio 2013) alla quarta edizione del Cyclab.

Se però avete fatto caso al video (e senza togliere nulla ai cittadini inventori) gli attori principali sono diventati 3; oltre a Juppè e a Starck c’è anche Sandrine Bouvier, Product & Marketing Manager di Peugeot Cycles.

Segno che se dietro a queste operazioni non c’è un’azienda illuminata che mette a disposizione i fondi necessari alla ricerca – e a quanto ne consegue – non si va da nessuna parte.

Pibal_bicicletta_monopattino_bordeaux_Peugeot_Starck-via-Partecipactive

Concludo con i commenti in lingua originale dei 3 maggiori interpreti. C’è tanto da imparare.

C’est de l’analyse des nombreuses réponses des citoyens bordelais, réponses diverses, constructives et intelligentes et de la spécificité de Bordeaux, qu’est partie l’idée nouvelle de ce moyen de locomotion. Cette ergonomie révolutionnaire semble être une réponse inventive et juste aux nouvelles questions posées notamment par les zones piétonnières”.

Philippe Starck, Ineguagliabile Designer

Bordeaux est une ville où le vélo, sous toutes ses formes, occupe une place de plus en plus grande. Nous agissons tous aujourd’hui en faveur de la pratique cyclable. Industriels et politiques, designers et usagers, je m’en réjouis. Au-delà des réalisations engagées, il me semble nécessaire d’ouvrir à présent une réflexion prospective : il nous faut penser le futur du vélo. Le défi climatique et les autres enjeux écologiques, nous poussent à engager cette préparation de l’avenir, pour qu’un essor amplifié de son usage s’inscrive dans notre quotidien. Ce nouveau vélo y contribue”.

Alain Juppé, Sindaco di Bordeaux

Nous sommes ravis d’être associé au projet initié par la mairie de Bordeaux pour multiplier les modes de déplacements urbains. Innover en permanence dans la mobilité fait partie des grands défis de la marque depuis le lancement du service Mu by Peugeot en septembre 2009. Réussir à produire la vision de Starck selon les critères bordelais est pour nous passionnant”.

Sandrine Bouvier, Product & Marketing Manager Peugeot

Fonti: Je Participe, Weelz, Bordeaux.fr, Blog Peugeot.

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Together we can create an open model of scientific research and communication for the Internet age and beyond.”

Ethan O. Perlstein

Non è la prima volta che in questo blog si parla di Crowdfunding (qui trovate sia la teoria che la pratica con alcuni esempi che vanno dal mondo dei videogame al calcio al porno), ma è sicuramente la prima volta che parliano di una raccolta di fondi su piattaforma di crowdfunding per finanziare una ricerca scientifica. Anche perché prima non è mai successo.

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L’evolutionary pharmacologist Ethan O. Perlstein, ricercatore alla Princeton University, ha richiesto per la prima volta il supporto della folla per finanziare, grazie alla piattaforma di crowdfunding RocketHub, una ricerca per capire come le anfetamine agiscono sul cervello umano. Se volete sapere cos’è l’evolutionary pharmacology qui c’è un video narrato dallo stesso Perlstein.

Non stiamo parlando del protagonista della serie Breaking Bad – Reazioni Collaterali (il telefilm della AMC – qui il sito –  trasmesso in Italia da AXN e RAI4 ) dove il protagonista, un professore malato di cancro e in fin di vita, decide di sfruttare le conoscenze chimiche per produrre metanfetamine, diventare uno spacciatore di altissimo livello e assicurare così un futuro economico alla sua famiglia.

Stiamo parlando di un ricercatore, giovane, spiritoso e attento ai nuovi media (qui i suoi profili Facebook e Twitter) che ha deciso di usare un metodo completamente nuovo per finanziare la sua ricerca scientifica.

Sull’innovativa modalità di raccolta fondi e su quello dei Meth Lab – i laboratori abusivi per la produzione delle metanfetamine – sia il Perlstein nel suo sito (qui), che la stampa online statunitense ci scherzano parecchio – tre titoli su tutti se siete curiosi: How to crowdsource a Meth Lab, Breaking Good? Scientists Want to Crowdfund a Research Meth LabHelp Scientists Build a Meth Lab.

In realtà la ricerca è molto seria e lo spirito che la circonda è tutto nuovo anche se a livello di linguaggio c’è un’imprecisione non da poco: il titolo del progetto cita il Crowdsourcing, quando in realtà abbiamo a che fare con una raccolta fondi partecipata attraverso il Crowdfunding.
Poco male se serve a far arrivare questo messaggio a chi se ne intende meno attraverso parole più conosciute. Ricordiamoci la citazione in apertura dell’articolo.

A parte queste precisazioni, affrontiamo l’obiettivo del progetto, che coinvolge anche il professor David Sulzer della Columbia Medical School, Daniel Korostyshevskye della Princeton Univerity e altri ricercatori, è scoprire come l’uso di anfetamine – e di metanfetamine di cui abusano oltre 35 milioni di persone in tutto il mondo – si ripercuote sul cervello a livello cellulare. I ricercatori vogliono scoprirlo per rendere più efficaci sia le cure per alcune malattie del cervello sia per quelle che riguardano la dipendenza di queste sostanze.

Per finanziare questa ricerca sono necessari 25,000$ e ovviamente i goodies per i reward dei finanziatori non sono quelli soliti delle campagne di crowdfunding: spillette, magliette e cose del genere, ma molto più curiosi. Se avrete voglia di aiutare questa ricerca, potrete beneficiare di Hanghout su Google+, sessioni di brainstorming e accessi a cartelle di DropBox con tutti i risultati della ricerca! Tutti i reward li trovate nella pagina di RocketHub dedicata a questa raccolta fonti (qui).

Se volete approfondire invece le tematiche della ricerca e gli strumenti usati per questa indagine, c’è il sito del PerlsteinLab (qui) ma anche una lunga intervista ad uno dei ricercatori su Skepchick (qui).

Magari Perlstein e soci hanno sbagliato a dare il titolo al progetto, ma non hanno sbagliato nulla nei confronti dello spirito dei progetti partecipativi: è stato richiesto aiuto alla gente e grazie alla rete, la gente potrà accedere agli aggiornamenti sul progetto di ricerca, in tmpo reale. Tutto verrà documentato e messo a disposizione di chiunque nel sito dedicato al progetto.

Secondo voi potrebbe prendere piede questo modo di finanziare la ricerca in un mondo con sempre meno fondi pubblici a disposizione? Io dico di si, e voi?

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[UPDATE] Il 26 febbraio 2012 la raccolta di fondi ha raggiunto il 100% ottenendo il completo finanziamento.

L’articolo di Partecipactive è stato citato nel sito di RocketHub e ritwittato da Perlstein in persona. Chissà se è arrivato anche qualche euro dall’Italia… ;-)

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Le immagini sono tratte da Wikipedia, dalla pagina di RocketHub dedicata al progetto e dal sito PerlsteinLab. L’immagine della serie Breaking Bad è tratta dal sito di AMC.
Grazie a Gianluca Mori per la segnalazione.


Il Consumo collaborativo è un fenomeno che esiste da millenni ma che ogni tanto ritorna di moda magari perchè cambia una definizione o si varia il soggetto da condividere; i più recenti che mi hanno colpito sono il falciaerba di frazione o il trapano di condominio. Possedere collettivamente un trapano per 24 famiglie o un falciaerba per una dozzina di giardini non è una sciocchezza: si spende solo una parte della cifra necessaria all’acquisto, lo si usa uno alla volta e alla domenica c’è meno rumore.
Da sempre l’uomo presta, riussa, dona, condivide, noleggia, utilizza in multiproprietà e se il timesharing per l’acquisto di una seconda casa al mare o in montagna sembra passato di moda, non è così per il carsharing o il carpooling che si sta diffondendo sempre più.

Il Consumo collaborativo (ho approfondito l’argomento qui) è un fenomeno che nel marzo 2011 Time ha definito come una delle 10 idee che cambieranno il mondo. Ma c’è un’altro fenomeno, collegato a queste tematiche – definito da Wikipedia an Italian-based system – che sta cambiando le abitudini dei consumatori italiani da almeno 10 anni: i G.A.S., i Gruppi d’Acquisto Solidale.

Nel 2012 oltre 7 milioni di italiani hanno deciso di fare la spesa insieme per ottenere condizioni vantaggiose grazie ai G.A.S. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti/Censis di pochi giorni fa, nella quale si evidenzia che i Gruppi d’Acquisto Solidale sono diventati un fenomeno di rilievo che ha contagiato il 18,6 per cento degli italiani, di cui quasi 2,7 milioni in modo regolare.

Non sto parlando del controverso mondo del Social shopping dei vari Groupon, Groupalia, LetsBonus e altri servizi simili, parlo di chi ha contattato un contadino e ha deciso di acquistare in anticipo i prodotti del suo orto o di chi ha condiviso il costo della benzina per andare a ritirare da lui carote e pomodori e ha coinvolto i suoi vicini. Decine e decine di migliaia di iniziative spontanee che “nascono” e “muoiono” in continuazione nei palazzi, nei posti di lavoro, nei centri sportivi e ricreativi spesso sulla base di semplici accordi verbali.

Ogni G.A.S. ha propri criteri per selezionare i fornitori. Le modalità di acquisto variano notevolmente e vanno dalla consegna a domicilio, alla prenotazione via internet fino “all’adozione” in gruppo di interi animali o piante da frutto. Ma anche all’individuare i modi di consegna, stabilire con il produttore un prezzo equo e scegliere cosa acquistare privilegiando la stagionalità, il biologico, il sostegno alle cooperative sociali, la riduzione degli imballaggi, le dimensioni del produttore o infine la vicinanza territoriale (come il chilometro zero).
Le modalità maggiormente diffuse sono la distribuzione di cassette di ortofrutta a cadenza settimanale o bisettimanale e la vendita di pacchi di carne.

Chi come me non ha il Gruppo d’Acquisto Solidale condominiale, può organizzarsi attraverso Internet – come piace a noi che amiamo i progetti partecipativi – grazie alla Rete dei G.A.S. nazionali (qui).

Avete altri link utili? Non fate complimenti e postateli qui sotto!

Blank you Very Much è una piattaforma partecipativa rivolta a designer che vogliono cimentarsi a reinterpretare brand iconici in modo innovativo attraverso contest “ufficiali” che permettono di ‘giocare’ con brand famosi per la creazione di prodotti esclusivi.

Il meccanismo è conosciuto e consolidato: c’è un’azienda che dà il via a un contest (e mette in palio un premio in denaro) e una piattaforma partecipativa frequentata da fan e designer che cerca di soddisfare l’open call del brand.
L’ultima che si è rivolta a Blank you very much è addirittura Coca-Cola, interessata a una collezione di t-shirt.

Per capire come funziona basta leggere le istruzioni presenti nell’homepage del sito.

Amici designer, chi di voi non vorrebbe vincere uno dei contest per disegnare una t-shirt ufficiale di Coca-Cola, di Pelè, di Huf (e su quest’ultima che non rispondano insultandomi solo quelli di Gnarcolate). Qui trovate i contest attualmente aperti.

Ma cerchiamo di scoprire di più di Blank you Very Much e della sua filosofia. Su CrunchBase si definiscono così (non tradendo l’ironia presente in tutti i testi del sito, compresi i legals):

We are an online apparel retailer that manufactures and sells graphic apparel designed using a curated crowd sourcing model. We are Threadless meets Project Runway meets Quirky”.

Da Threadless hanno preso sicuramente l’idea della community che lavora al graphic design di t-shirt (nel caso di BYVM ovviamente bianche), da Quirky i meccanismi di punteggio (si sale in classifica sia con il design, sia con i consigli) e da entrambi la produzione dei modelli più votati dalla community e la vendita nel sito.
Da Project Runway, il talent show per fashion designer presentato da Heidi Klum, le frequentazioni della piattaforma – che proprio come nello show televisivo – sono brand e testimonial famosi. E probabilmente anche il meccanismo del doppio vincitore: stilista e modella nel talent show, Judges choice e People choice in BYVM.

Threadless e Quirky sono piattaforme partecipative ma anche dei veri e propri brand indipendenti che vanno oltre al co-design e ai focus group e mettono in produzione solo quello che la gente dimostra di preferire o addirittura acquistare in anticipo sulla produzione stessa. Blank You Very Much è invece qualcosa di diverso e completamente nuovo, un vero ponte tra brand e fan base (si legge infatti nella pagina Facebook):

Blank You Very Much is a unique internet and retail platform that directly connects brands to their fanbase and consumers. By combining the power of crowdsourcing, world class design and the cache of established brands BYVM looks to redefine how consumers and brands interact.

Forse è la prima volta che una piattaforma sola solo riesce ad unire tutti i top topics di Partecipactive: brand, fanbase, crowdsourcing, co-design e partecipazione attiva.
Sul world class design ho qualche dubbio, forse perchè la creatività è richiesta ai fan e non ai designer, giudicate voi (qui) i lavori più visti del contest Coca-Cola.

Molto interessante, anche per chi non è interessato a partecipare, il BYVM Blog, con interviste a giudici e designer, resources per i designer ed editoriali. Dategli un’occhiata.

Tutte le immagini sono tratte dal sito di BYVM.

Ispirati ancora una volta dall’idea di rappresentare il tempo, Montblanc ha lanciato in questi giorni un nuovo progetto partecipativo globale, si tratta di The Montblanc Worldsecond.

Non è la prima volta infatti che Montblanc – con Leo Burnett Italia – coinvolge gli utenti della rete nella realizzazione di progetti con il coinvolgimento dei brand lovers: la case history della campagna The Beauty of a Second, pluripremiata nei Festival internazionali, è nella memoria di tutti.

L’azienda svizzera invita chiunque nel mondo a catturare attraverso una fotografia, un momento di bellezza attraverso una mobile photo app per iPhone e Android. La particolarità è che chiede a tutti di scattare una foto di un preciso istante, segnalato da countdown presente nell’applicazione.

Il video che segue non lascia dubbi: meccanica e poesia dell’iniziativa illustrati a regola d’arte.

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Come avrete capito, tutte le immagini scattate attraverso l’applicazione verranno automaticamente uploadate nel sito creando uno spettacolare mosaico di istanti di vita e di bellezza: non vedo l’ora di vederlo!

Durante l’intera durata della campagna (novembre e dicembre 2012) verranno invece create 60 occasioni per partecipare. Ognuno potrà liberare creatività e immaginazione in questo viaggio fotografico attraverso il mondo.

La campagna è dedicata alla Montblanc TimeWalker collection. Orologi saranno anche i premi finali di un contest riservato sia agli user dell’App, sia ai visitatori del sito che potranno realizzare delle selezioni delle foto scattate da altri.
Entrambi saranno premiati all’inizio del 2013 nelle categorie Worldsecond Photo e Worldsecond Gallery.

Mi sono iscritto nel sito: attendo il rilascio dell’applicazione, il primo countdown e il primo scatto.
Io non vedo l’ora! E voi?

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La campagna è realizzata da Leo Burnett Italia, le immagini sono tratte dal sito dell’iniziativa. La fonte della notizia è PR Newswire.