Archivi per la categoria: Crowdsourcing

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DigitalGlobe è una compagnia americana specializzata nell’acquisizione e vendita di immagini dallo spazio e di contenuti geospaziali. Ha i propri satelliti e collabora con enti come il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, la Nasa e compagnie private come Google.
La maggior parte delle immagini satellitari ad alta risoluzione di Google Earth e Google Maps provengono dai suoi archivi in continuo aggiornamento, così come quelle in vendita nel sito specializzato in fotografia aerea TerraServer.

Poco dopo la sparizione nei cieli tra la Malesia e Pechino del Boeing 777  della Malaysia Arlines, DigitalGlobe ha deciso di raccogliere una nuova serie di immagini della zona del probabile incidente aereo. E le ha caricate nella sua piattaforma di crowdsourging Tomnod e ha invitato volontari e appassionati ad osservare con cura le immagini di migliaia di chilometri del mare del golfo del Siam alla ricerca di indizi.

Lo scopo è quello di provare a risolvere, con la disponibilità del più grande gruppo di persone possibile, il mistero del volo MH 370. Centinaia di migliaia di occhi in più che si aggiungono a quelli di militari e forze di soccorso che ogni giorno fanno su è giù con navi e aerei nello stesso mare.

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Tomnod è una piattaforma di crowdsourcing non molto diversa da quelle di progetti simili. NASA Clickworkers, una delle prime della storia del crowdsourcing, già nel 2000 funzionava in modo molto simile e richiedeva l’analisi e la misurazione dei crateri di Marte. Ma il punto non è l’interfaccia, sono i dati a disposizione.
Allora come oggi sono immagini eccezionali, e in questo caso anche ad alta risoluzione, scattate dallo spazio e aggiornate nella piattaforma in tempo quasi reale.

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La piattaforma Tomnod ha un’usabilità elevata ed è chiara nelle istruzioni. Si può partecipare senza loggarsi e anche se si hanno solo pochi minuti liberi, si può contribuire comunque in modo significativo alle ricerche.

Grazie a un’interfaccia molto semplice, la superficie del pianeta viene presentata ai volontari suddivisa in piccole porzioni rettangolari di meno di mezzo chilometro quadrato. Il sistema fornisce all’utente una zona in modo randomico da osservare e mette a disposizione 4 semplici strumenti per segnalare – e indicare nella mappa – tracce di relitti, gommoni di salvataggio, chiazze di carburante o altro di interessante o sospetto.

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L’area di ricerca aumenta di pari passo alla pubblicazione di nuove immagini, così come le persone coinvolte nella campagna di ricerca. Quando l’analisi di ogni pixel delle foto satellitari a disposizione è completata, la piattaforma viene chiusa per il caricamento di nuove immagini.

Durante la manutenzione la conversazione si sposta sui social network (qui e qui) e vengono rilasciati file .kmz che aperti con Google Earth restituiscono sulla mappa tutte le segnalazioni dei volontari digitali.

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L’unione fa la forza e spesso l’intelligenza collettiva (ne ho parlato anche qui) ha risolto quesiti all’apparenza impossibili.

Succederà anche questa volta?
Non sarebbe la prima per il popolo di Tomnod.

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[ U P D A T E ] 

Per seguire gli aggiornamenti della campagna di ricerca di Tomnod e conversare con altri appasionati, il luogo più indicato è la pagina Facebook di Tomnod (qui).

Per le nuove teorie sulla scomparsa dell’MH370 sto seguendo l’evolversi della situazione su Il Post che sta documentando molto bene la vicenda (qui) e gli articoli di Jeff Wise nel magazine Slate (qui).

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[ U P D A T E ] 

Il primo maggio 2014 si è conclusa la campagna di ricerca del volo MH370 su Tomnod.

Con una email sono stati ringraziati gli 8 millioni di persone coinvolte nel più grande progetto di ricerca in crowdsourcing della piattaforma; insieme hanno esplorato ed analizzato 1.007.750 kilometri quadrati di immagini satellitari.

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Conclusa questa missione ne è immediatamente iniziata un’altra e al team di Tomnod è stato richiesto aiuto per esplorare le immagini dei territori degli Stati Uniti colpiti dai tornado a fine aprile 2014.

Cliccate qui per partecipare alla nuova campagna “Tornadoes in the Southern & Midwestern USA”.

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Fonte e immagini: Blog di DigitalGlobe, Pagina Facebook e Piattaforma Tomnod.
Grazie a @francescoGRZ per la segnalazione.

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Traditionally, porn has been a taboo subject – but the fact is, over 35 million people visit Pornhub.com everyday! How do we reach the next 35 million? We need a national advertising campaign that can be channeled through mainstream media”.

Dal brief del contest
PornHub Creative Director Challenge

PornHub ha lanciato alla fine di febbraio un contest per trovare il Direttore Creativo del sito porno numero uno al mondo e offrirgli un contratto annuale.

Il suo compito sarà quello di realizzare una campagna pubblicitaria mainstream, adatta ad ogni tipo di pubblico e età, per promuovere il sito di video sharing porno numero 1 al mondo.

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Non è la prima volta che PornHub ricorre all’aiuto della folla e dei fan: è già capitato per Save the Boobs (qui). Questa volta, per la selezione è stato scelto di utilizzare i meccanismi del crowdsourced advertising, con il coinvolgimento della fan base attraverso i canali proprietari – per primo il blog – e una campagna di digital PR.

Un dettagliato brief (qui) prevede la creazione di una campagna pubblicitaria da veicolare nei media tradizionali come affissione, stampa, dinamica e anche TV.

La peculiarità della campagna richiesta non è tanto scontata se conoscete – o fate finta di non conoscere – la pubblicità che si vede abitualmente nei siti per adulti. Questa dovrà infatti rivolgersi a un pubblico molto vasto, non avere immagini di nudo e non dovrà incorrere mai nei meccanismi della censura.

Un’ulteriore sfida nella sfida per il contest che chiude il 31 marzo 2014.

PornHub Campaign crowsourced advertising via Partecipactive Print ads

Per raccogliere e mostrare i contributi inviati dai candidati è stato aperto un tumblrlog nella piattaforma di microblogging tumblr.
Oltre alla gallery, ci sono le regole e il brief per partecipare. Trovate tutto qui. Il concetto da comunicare è semplice: “nel porno c’è qualcosa di interessante per chiunque e PornHub è il sito dove trovarlo gratuitamente quando, dove e come si vuole”.

L’esempio per far comprendere il giusto livello di humour è invece l’annuncio stampa qui sopra. Il pubblico è invece quello che non conosce PornHub.

Semplice?

PornHub Creative Director Challenge_submissioni 02 Alcune campagne sono davvero geniali, altre un po’ meno.
Alcune completamente fuori strada ma troppo divertenti, altre troppo autoreferenziali.

Ognuna racconta l’arte e lo spirito del direttore creativo che collaborerà con il marketing team del sito. Il passo difficile sembra quello di realizzare qualcosa davvero mainstream per rivolgersi ai 35 milioni che ancora non sanno cos’è PornHub.

A giudicare da quanto è stato pubblicato finora nella Gallery, sembrano più esercizi per convincere affezionati utenti a spostarsi da un portale all’altro che una vera campagna per convincere i famosi 35 milioni.
Sarà questa la soluzione?

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Chissà chi riuscirà a indovinare il brief. E poi. Avrà ragione chi dice che queste operazioni sono destinate a risultati deludenti per la qualità del lavoro o chi dice che dipende solo dalla quantità dei partecipanti? Io dico che tra 38 milioni un genio dell’advertising con voglia di partecipare c’è di sicuro!

Giudicate voi su pornhubcampaign.tumblr.com.

 

[ U P D A T E ] 

Se volete votare i 15 finalisti e aiutare PornHub a trovare il nuovo direttore creativo potete farlo qui.

.PornHub Creative Director Challenge_submissioni 03PornHub Creative Director Challenge_submissioni 01 PornHub Creative Director Challenge_submissioni 06 Tutte le immagini e le informazioni sono tratte da pornhubcampaign.tumblr.com.

Non tutto ciò che ruota attorno al crowdsourcing è perfettamente in linea con la sua filosofia. Può capitare infatti che diventi un termine da usare per dare un sapore innovativo a un progetto di comunicazione più che per definire un vero coinvolgimento della folla.
È secondo me, quello che è successo con Kinglish: the World’s First Crowd Sourced Font.

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Il font, creato per diventare quello ufficiale della nona edizione de The Great Indian Octoberfest 2013, è stato promosso dalla birra indiana Kingfisher Premium ed è nato nelle serate di festa nei Pub di Bangalore.

Nell’arco di un paio di settimane, nei locali della città indiana, migliaia di consumatori sono stati invitati a versare un po’ di birra e a disegnare con il fondo della bottiglia o del boccale delle lettere negli appositi sottobicchieri. E – ovviamente – a condividere le proprie creazioni nei social network.

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Birra dopo birra, macchia dopo macchia, lettera dopo lettera, un nuovo alfabeto è venuto alla luce. Centinaia di sottobicchieri sono stati portati in uno studio di design per essere analizzati, classificati e selezionati. Quando la scelta è divenuta definitiva, l’intero alfabeto è stato fotografato, vettorializzato da un designer professionista e sviluppato come font.

L’intero processo che ha portato alla nascita Kinglish è nella case history che segue. Arrivate fino alla fine per scoprire il risultato finale.

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Se avete notato, il font ha subito pesanti modifiche nello studio di design perdendo molto dello spirito originario. In fase di disegno sono stati infatti aggiunti elementi lineari e geometrici ai caratteri creati dagli utenti  con le macchie.

Parlare di progetto tradito forse è un po’ eccessivo, ma sicuro è che nessuno potrà mai dire: “Quella ‘B’ l’ho fatta io”.

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Agenzia JWT Bangalore.
Fonti: Canale YouTube Kingfisher, DNA India, Lighthouse Insights e Crowdsourcing.org

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I think most of us would like to do something when we hear what these civil rights defenders do and what they risk. But, it happens so far away and there’s so much going on in everyone’s everyday life already. The Natalia Project makes it easy for anyone to contribute, in a very direct way, to the lives of civil rights defenders at risk today.”

Robert Hårdh, Executive Director
of Civil Rights Defenders

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The Natalia Project, chiamato così in onore dell’attivista per i diritti umani Natalia Estemirova rapita e uccisa in Cecenia nel 2009, è il primo sistema di protezione degli attivisti dei diritti civili e politici alimentato dalla rete e dai social network.

Il progetto è promosso da Civil Rights Defenders, un’organizzazione indipendente svedese attiva dal 1982 nella difesa dei diritti civili e politici non solo nel proprio paese ma anche in Asia (Centrale e Sud est), Est Africa, Balcani e Est Europa.

Se avete poco tempo per conoscere questo progetto guardate solo il video che segue.

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Per proteggerli, gli attivisti a rischio di rapimento o aggressione, vengono dotati di uno speciale braccialetto.

In caso di attacco, il braccialetto viene attivato e lancia un allarme – segnalando l’esatta localizzazione GPS – direttamente alla sede di Civil Rights Defenders a Stoccolma e ai sostenitori che hanno aderito al progetto e che si trovano nelle vicinanze. L’abilità di agire rapidamente in situazioni come queste può fare la differenza tra la vita e la morte.

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Ciò che rende unico il braccialetto è che una volta attivato, lancia automaticamente un update agli account Facebook e Twitter del Natalia Project. Questo significa che in pochi istanti centinaia di migliaia di persone vengono a conoscenza di quanto sta accadendo ad un dato attivista e possono iniziare immediatamente a rivolgere pressioni politiche ai colpevoli. Se c’è una cosa che regimi e dittature cercano di evitare ad ogni costo è l’attenzione internazionale per le loro “politiche interne”. Questo fa del progetto una sorta di “protezione virtuale” agli attivisti a rischio.

Nella tavola che segue è spiegato, anche con particolari tecnici, come funziona l’intero progetto. Ingranditela cliccandoci sopra.

CRD_NATALIA_long_Eng-via-partecipactive_crowdsourced-activismI primi braccialetti sono stati distribuiti alla Civil Rights Defenders’ conference, Defenders’ Days, che si è tenuta a Stoccolma dal 2 al 5 aprile 2013. Il progetto prevede di equipaggiare altri 55 difensori dei diritti civili entro la fine del 2014.

Inutile dire quanto sia importante la ricerca di sponsor e finanziatori, potete farlo anche voi nell’apposita sezione del sito del progetto (qui). Se invece volete supportare il progetto grazie ai social media, seguite il progetto su Facebook (qui) o Twitter (qui).

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Immagini e informazioni tratte dal presskit e dal sito del progetto.
Agenzia RBK Stockholm.

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Le Orchestre sono costose, lo sappiamo. E sempre più spesso capita che vengano a mancare i fondi pubblici che gli permettono di proseguire nella propria attività.

Succede in Italia, ma anche nel resto del mondo e spesso la chiusura di queste istituzioni rimane nell’ombra e il pubblico lo viene a sapere quando ormai è troppo tardi.
Governi e istituzioni publiche non rinnovano i finanziamenti alle orchestre non solo perchè non hanno uno spirito imprenditoriale, ma anche perchè non avvertono un vero interesse da parte del pubblico.

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Su questi presupposti l’olandese Metropole Orchestra (Metropol Orkest, un orchestra ibrida, una combinazione tra una big band jazz e un’orchestra sinfonica, composta da 52 musicisti e con una doppia sezione ritmica: una pop/rock e una jazz) ha costruito la sua strategia di sopravvivenza.
Grazie al coinvolgimento dell’agenzia Havas Worldwide Amsterdam è stata costruita un’operazione di PR per dimostrare sia la capacità dell’Orchestra di adattarsi agli aspetti commerciali sia la capacità di riuscire a coinvolgere attivamente il pubblico olandese, con lo scopo mai nascosto di ottenere un nuovo finanziamento.

È nata così la Metropole Tweetphony, un operazione capace di dimostrare che l’Orchestra era viva e vegeta e in perfetta relazione con il suo pubblico. La call to action? Let the Metropole Orchestra play! Via Twitter!

let's the metropole Orchestra play - via partecipactiveÈ nato così un concerto della durata di ben otto ore interamente crowd-composed, ovvero composto con il coinvolgimento della folla. Ogni partecipante, grazie al sito dell’operazione e alla sua speciale interfaccia tweet based (qui), poteva inviare all’Orchestra una composizione di 144 note.

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Tra tutte le migliaia di composizioni ricevute, 33 di queste sono entrate a far parte del concerto dopo essere state arrangiate, suonate e trasmesse in streaming video.

L’operazione di PR ha generato milioni di views in Internet, servizi e articoli nella stampa, nei blog, nella radio e nella TV olandese, incluso il più importante programma televisivo, come potete vedere nella video case history che segue.

 

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Inutile dire che la richiesta di sostegno della Metropole Orchestra ha avuto un’icredibile successo. Ha raggiunto milioni di persone, ha vinto un oro ai Cannes Lions nella categoria PR e un argento in quella Cyber, ma soprattutto è servito ad ottenere un finanziamento da parte del Parlamento olandese fino al 2017!

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Immagini e informazioni tratte da: Havas Worldwide, dai materiali messi a disposizione per la stampa e dal canale YouTube della Metropole Orchestra.